Non tutte le nuove tecnologie sono rispettose dell'uomo e dell'ambiente che a lui serve per vivere. L'Associazione Comitato a Tutela dei Diritti Imola, vuole riempire un vuoto di informazione, valutare le nuove scoperte e l'impatto che avranno sulla qualità della nostra vita, nonché eventuali rischi per la nostra salute ad esse connessi

venerdì 1 dicembre 2023

Quei bambini di un secolo fa

E’ strano rendersi conto di come – malgrado il poco che avevamo – non ci mancasse mai nulla.

Un giorno mio nonno ci fece riempire una bottiglia di acqua del nostro pozzo per portarla ad analizzare a Faenza per sapere per sapere se era potabile ma non lo era. Ciò nonostante continuammo comunque a berla tutti e non ci ha mai dato fastidio.

Le soluzioni a ogni problema si inventavano.


I parenti venivano tre, quattro volte all’anno a pranzare da noi. La mia famiglia era numerosissima. Occorreva farina per la pasta e le donne passavano il grano spigolato per la trebbiatrice e così avevamo quintali di farina ogni anno per il pane, la pasta e i dolci, inoltre con la farina accumulata si vendeva e si compravano vestiti.

Con le bietole si otteneva zucchero tutto l’anno.

Mia nonna ogni mese lasciava dei formaggi sull’asse ad asciugarsi per bene. Uno di questi veniva utilizzato per grattugiarlo sulla pasta o nel ripieno dei cappelletti.

Mia nonna era molto brava a fare la pasta con le ortiche; mi diceva sempre di stare attento a raccoglierle perché davano bruciore alle mani ma io le raccoglievo “a manaza” perché – per qualche misterioso motivo – non mi davano fastidio.

Quando avevo bisogno di qualche soldo andavo nel campo e riempivo una sporta di margherite, le asciugavo al sole e poi le portavo alla farmacia di Faenza che me le pagavano a peso. Con quel denaro compravo matite e gomme da cancellare, qualche biro e un po’ di cancelleria. Poi venne il signor Bonomelli e decise – democraticamente - che le margherite erano tutta roba sua.

Di giocattoli non se ne parlava nemmeno. La preziosa carta dell’ uovo di pasqua serviva per fare l’aquilone e le vecchie camere d’aria delle biciclette per fare la fionda nuova. Ci si curava facendo la pipì sulle ferite ma senza dirlo a nessuno. Un barattolo vuoto diventava un aereo planino, un vecchio tubo una cerbottana. Una bomba inglese colpì la stanza dove dormivo; mi davano per morto ma dormivo teneramente su un materasso foderato di schegge vicino a un crocifisso che aveva perso le braccia.

Quel bambino di quasi un secolo fa sono io.

Sono quello che sono e non c’è nulla di cui vergognarsi.

Gian Franco Bonanni

Questo è l'orologio antico che mio nonno usava a "Cà ad Sebla" a Pieve Cesato (RA)

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